Genitori separati ai tempi del Coronavirus

Genitori separati ai tempi del Coronavirus: come funziona il diritto di visita?

EVOLUZIONE DELLE MISURE VIGENTI IN TEMA DI CORONAVIRUS

Come ormai è ben noto, a seguito del diffondersi dell’epidemia virale, il Governo italiano ha risposto all’emergenza con l’emanazione di una serie di provvedimenti restrittivi delle libertà personali.

Così, con successivi decreti del Presidente del Consiglio (“DPCM”) è stato stabilito il divieto di spostamento per tutti, tratte che per comprovate esigenze lavorative, di necessità o di salute.

Queste misure, in origine limitate alla sola Lombardia, sono state successivamente estese all’intero paese con il DPCM del 09.03.2020.

Con un ulteriore DPCM del 22.03.2020 è stato poi imposto il “divieto di trasferimento o spostamento ad altro Comune, con mezzi di trasporto pubblici o privati, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza o per motivi di salute”, conservando solo per gli spostamenti all’interno del medesimo Comune le disposizioni precedenti.

Dall’assetto così delineato, quindi, si evince che per muoversi entro i confini comunali è bastevole versare in una situazione di “necessità”, mentre per transitare da Comune a Comune è necessario che ricorra un’esigenza di “speciale urgenza”.

GENITORI SEPARATI AI TEMPI DEL CORONAVIRUS: DIRITTO DI VISITA CON UN PROVVEDIMENTO

Si è immediatamente posto un problema di ordine familiare.

In caso di separazione e/o divorzio, possono i genitori spostarsi per vedere i propri figli e magari portarli con sé?

All’indomani dei provvedimenti, il Governo, tramite il proprio sito web, ha immediatamente chiarito in maniera affermativa che:

“gli spostamenti per raggiungere figli minorenni presso l’altro genitore o per condurli presso di sé sono consentiti in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o di divorzio”.

A tali chiarimenti ha fatto subito seguito una pronuncia del Tribunale di Milano, datata 11 marzo, con la quale è stato stabilito che

gli spostamenti per raggiungere figli minorenni presso l’altro genitore o per condurli presso di sé sono consentiti in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o di divorzio”.

Ebbene, anche alla luce del successivo DPCM del 22 marzo, il quale come già detto ha ulteriormente ristretto la libertà di movimento introducendo il requisito della “speciale urgenza” per gli spostamenti da Comune a Comune, appare senz’altro giustificabile lo spostamento del genitore che si reca in visita presso il proprio figlio residente altrove, essendo questo un diritto esercitabile ai sensi dell’art. 51 c.p.

Il chiarimento del Governo non lascia margini di interpretazione e, coerentemente, la conclusione deve ritenersi valida anche per tutti quei casi in cui non sia intervenuta ancora una sentenza di separazione o divorzio ma, ad esempio, sia stato raggiunto un accordo a seguito di negoziazione assistita.

GENITORI SEPARATI AI TEMPI DEL CORONAVIRUS: DIRITTO DI VISITA SENZA ALCUN PROVVEDIMENTO

Ma che succede se i genitori vivono in case diverse e gli accordi raggiunti relativamente al diritto di visita non sono stati disciplinati da nessun provvedimento del giudice?

In difetto di una qualche formalizzazione, infatti, sembrerebbe non potersi applicare il chiarimento del Governo, il quale fa espresso riferimento alle condizioni stabilite da un provvedimento di separazione.

Nonostante tale apparente lacuna, il dubbio può essere sciolto ricorrendo ai principi di diritto vigenti nel nostro ordinamento.

La necessità di conservare il rapporto costante con entrambi i genitori da parte del minore integra senz’altro la situazione di (urgente) necessità richiesta dalla norma, essendo il diritto del minore alla bigenitorialità un interesse primario sancito a livello legislativo (artt. 315 bis e 337 ter c.c.) e internazionale (artt. 3 e 9 della Convenzione sui diritti del fanciullo).

Chiaramente, occorrerà pur sempre un bilanciamento degli interessi onde evitare di incorrere in fastidiose sanzioni.

Da un lato, quindi, dovrà essere garantito tale importate diritto, ma da altra prospettiva dovrà essere comunque assicurata la salvaguardia fisica del minore stesso, impedendo che venga esposto a rischi inutili.

Per questo, quindi, dovranno essere limitati tutti quegli spostamenti non necessari ed evitabili.

Altro aspetto fondamentale legato all’esercizio del diritto è quello di poter “comprovare” la sussistenza delle ragioni di necessità e urgenza.

In assenza di un provvedimento che attesti il diritto di visita, sarà utile poter almeno dimostrare l’esistenza di una situazione di separazione, in qualsiasi modo, nonché provare la presenza di figli minori e la diversa residenza di essi.

Questo potrà avvenire mostrando – se possibile – anche accordi non ancora formalmente raggiunti, come un atto di negoziazione non trasmesso o una lettera firmata dagli avvocati.

In questa fase, dunque, sembra fondamentale che i genitori collaborino tra loro, in modo da offrirsi reciprocamente quegli strumenti utili a salvaguardare i diritti del minore ad una sana vita familiare.

RIPRISTINO DELLA COABITAZIONE

Altra questione che potrebbe porsi in questo periodo è quella relativa alla coabitazione.

Può un genitore che ha lasciato casa decidere di ritornare a causa delle misure restrittive introdotte? Esiste un diritto in tal senso?

Se il problema sembra non porsi in maniera critica allorquando sia intervenuto un provvedimento omologato o una sentenza (in quel caso la risposta è chiaramente negativa), diversa è l’ipotesi in cui vi siano stati soltanto accordi di natura privata tra i coniugi in crisi.

Tuttavia, applicando anche qui i principi di diritto individuati nel corso degli anni dalla giurisprudenza di merito, si può affermare che gli accordi raggiunti tra i coniugi finalizzati a far cessare la coabitazione non possono essere revocati unilateralmente da una sola parte.

Non sembra perciò ammissibile che uno dei coniugi possa imporre all’altro di ripristinare la coabitazione adducendo come motivazione l’emergenza in atto.

Ad ogni modo, a scanso di inutili preoccupazioni, va precisato che una temporanea coabitazione di fatto non comporterebbe un’automatica riconciliazione dei coniugi rilevante per il diritto.

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