R𝗶𝘀𝗮𝗿𝗰𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗱𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗶𝗻 𝗳𝗮𝘃𝗼𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗶 𝗡𝗜𝗣𝗢𝗧𝗜 per le sofferenze e i patimenti da loro sopportati a seguito della 𝗺𝗼𝗿𝘁𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗻𝗼𝗻𝗻𝗼



ANNULLAMENTO DELL’ASSEGNO DI MANTENITO ALL’EX CONIUGE
Tribunale di Napoli 05.07.2021
Accolta la richiesta di annullamento dell’assegno di mantenimento in favore dell’ex coniuge sia per l’effettiva durata del matrimonio, valutabile anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 156, comma 2, c.c., in termini di “tenore di vita” goduto in costanza di matrimonio; sia, in ossequio ai più recenti indirizzi giurisprudenziali, per il reale contributo fornito dall’ex in pendenza di matrimonio.
Accolta la richiesta di sospensione degli incontri padre figlio.
Il minore ha quindi senz’altro il diritto di manifestare il proprio desiderio di non avere più contatti con un padre ritenuto assente e anaffettivo, essendo il diritto di visita paterno senz’altro subordinato al più importante e prevalente diritto del minore alla sua integrità psicofisica, in questo caso assistita da chiarissime dichiarazioni rese in sede giudiziaria.
Come ormai è ben noto, a seguito del diffondersi dell’epidemia virale, il Governo italiano ha risposto all’emergenza con l’emanazione di una serie di provvedimenti restrittivi delle libertà personali.
Così, con successivi decreti del Presidente del Consiglio (“DPCM”) è stato stabilito il divieto di spostamento per tutti, tratte che per comprovate esigenze lavorative, di necessità o di salute.
Queste misure, in origine limitate alla sola Lombardia, sono state successivamente estese all’intero paese con il DPCM del 09.03.2020.
Con un ulteriore DPCM del 22.03.2020 è stato poi imposto il “divieto di trasferimento o spostamento ad altro Comune, con mezzi di trasporto pubblici o privati, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza o per motivi di salute”, conservando solo per gli spostamenti all’interno del medesimo Comune le disposizioni precedenti.
Dall’assetto così delineato, quindi, si evince che per muoversi entro i confini comunali è bastevole versare in una situazione di “necessità”, mentre per transitare da Comune a Comune è necessario che ricorra un’esigenza di “speciale urgenza”.
Si è immediatamente posto un problema di ordine familiare.
In caso di separazione e/o divorzio, possono i genitori spostarsi per vedere i propri figli e magari portarli con sé?
All’indomani dei provvedimenti, il Governo, tramite il proprio sito web, ha immediatamente chiarito in maniera affermativa che:
“gli spostamenti per raggiungere figli minorenni presso l’altro genitore o per condurli presso di sé sono consentiti in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o di divorzio”.
A tali chiarimenti ha fatto subito seguito una pronuncia del Tribunale di Milano, datata 11 marzo, con la quale è stato stabilito che
“gli spostamenti per raggiungere figli minorenni presso l’altro genitore o per condurli presso di sé sono consentiti in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o di divorzio”.
Ebbene, anche alla luce del successivo DPCM del 22 marzo, il quale come già detto ha ulteriormente ristretto la libertà di movimento introducendo il requisito della “speciale urgenza” per gli spostamenti da Comune a Comune, appare senz’altro giustificabile lo spostamento del genitore che si reca in visita presso il proprio figlio residente altrove, essendo questo un diritto esercitabile ai sensi dell’art. 51 c.p.
Il chiarimento del Governo non lascia margini di interpretazione e, coerentemente, la conclusione deve ritenersi valida anche per tutti quei casi in cui non sia intervenuta ancora una sentenza di separazione o divorzio ma, ad esempio, sia stato raggiunto un accordo a seguito di negoziazione assistita.
In difetto di una qualche formalizzazione, infatti, sembrerebbe non potersi applicare il chiarimento del Governo, il quale fa espresso riferimento alle condizioni stabilite da un provvedimento di separazione.
Nonostante tale apparente lacuna, il dubbio può essere sciolto ricorrendo ai principi di diritto vigenti nel nostro ordinamento.
La necessità di conservare il rapporto costante con entrambi i genitori da parte del minore integra senz’altro la situazione di (urgente) necessità richiesta dalla norma, essendo il diritto del minore alla bigenitorialità un interesse primario sancito a livello legislativo (artt. 315 bis e 337 ter c.c.) e internazionale (artt. 3 e 9 della Convenzione sui diritti del fanciullo).
Chiaramente, occorrerà pur sempre un bilanciamento degli interessi onde evitare di incorrere in fastidiose sanzioni.
Da un lato, quindi, dovrà essere garantito tale importate diritto, ma da altra prospettiva dovrà essere comunque assicurata la salvaguardia fisica del minore stesso, impedendo che venga esposto a rischi inutili.
Per questo, quindi, dovranno essere limitati tutti quegli spostamenti non necessari ed evitabili.
Altro aspetto fondamentale legato all’esercizio del diritto è quello di poter “comprovare” la sussistenza delle ragioni di necessità e urgenza.
In assenza di un provvedimento che attesti il diritto di visita, sarà utile poter almeno dimostrare l’esistenza di una situazione di separazione, in qualsiasi modo, nonché provare la presenza di figli minori e la diversa residenza di essi.
Questo potrà avvenire mostrando – se possibile – anche accordi non ancora formalmente raggiunti, come un atto di negoziazione non trasmesso o una lettera firmata dagli avvocati.
In questa fase, dunque, sembra fondamentale che i genitori collaborino tra loro, in modo da offrirsi reciprocamente quegli strumenti utili a salvaguardare i diritti del minore ad una sana vita familiare.
Altra questione che potrebbe porsi in questo periodo è quella relativa alla coabitazione.
Può un genitore che ha lasciato casa decidere di ritornare a causa delle misure restrittive introdotte? Esiste un diritto in tal senso?
Se il problema sembra non porsi in maniera critica allorquando sia intervenuto un provvedimento omologato o una sentenza (in quel caso la risposta è chiaramente negativa), diversa è l’ipotesi in cui vi siano stati soltanto accordi di natura privata tra i coniugi in crisi.
Tuttavia, applicando anche qui i principi di diritto individuati nel corso degli anni dalla giurisprudenza di merito, si può affermare che gli accordi raggiunti tra i coniugi finalizzati a far cessare la coabitazione non possono essere revocati unilateralmente da una sola parte.
Non sembra perciò ammissibile che uno dei coniugi possa imporre all’altro di ripristinare la coabitazione adducendo come motivazione l’emergenza in atto.
Ad ogni modo, a scanso di inutili preoccupazioni, va precisato che una temporanea coabitazione di fatto non comporterebbe un’automatica riconciliazione dei coniugi rilevante per il diritto.
Capita spesso che un matrimonio felice possa nel tempo naufragare.
A quel punto la separazione può diventare una scelta obbligata, anche se, a pagarne il prezzo, molte volte sono proprio i figli, peggio ancora se minorenni.
Di solito le norme dei vari ordinamenti giuridici più avanzati che regolano l’affidamento dei minori, compreso quello italiano, consentono di limitare al minimo le sofferenze e i disagi per i più piccoli.
Se a ciò si unisce un comportamento saggio e assennato da parte dei genitori, il rischio per i bambini può essere totalmente neutralizzato.
Ma cosa accade quando uno dei genitori si sposta – legalmente – in un altro paese dell’Unione Europea portando con sé i bambini?
Quale giudice, a quel punto, sarà chiamato a decidere su tutte quelle questioni inerenti i minori, come ad esempio le modalità dell’affidamento?
Continua a leggere l’articolo per saperne di più sull’affidamento di minori e trasferimento all’estero.
Si faccia l’esempio di una famiglia composta da madre, padre e due bambini di 6 e 8 anni stabilmente residenti in Spagna.
I genitori decidono di divorziare e, dopo qualche tempo, la madre, affidataria privilegiata dei piccoli, decida di trasferirsi in Italia portando con sé i bambini.
Il padre viene messo a conoscenza del trasferimento e accetta la richiesta.
Tuttavia, dopo un paio di anni, la madre decide di domandare al giudice la modificazione di quei patti originariamente stabiliti in sede di separazione (in Spagna) e chiedere l’affidamento esclusivo.
Chi dovrà decidere a quel punto?
Il problema potrebbe sembrare di poco conto ma nella realtà dei fatti diventa molto insidioso e fonte di angosce.
Si pensi alla difficoltà di reperire un avvocato in un altro paese, a pagare le spese del viaggio, degli spostamenti, alla difficoltà di raccordare gli impegni di lavoro o semplicemente allo stress derivante da un via vai internazionale!
Tecnicamente si parla di “giurisdizione”, parola con la quale più semplicemente si suole indicare la possibilità, per il giudice, di decidere e applicare le norme giuridiche.
In termini più immediati, quello descritto sopra è un classico esempio di problema di giurisdizione, ossia un problema afferente la difficoltà di individuare correttamente il giudice cui rivolgersi.
Nell’esempio proposto sopra, quello italiano o quello spagnolo?
A questo punto non resta che rispondere al quesito iniziale.
Quale è il giudice cui rivolgersi nel caso in cui ci si trasferisca in un altro paese europeo con i propri figli minori (legalmente) e si voglia, ad esempio, modificare i patti stabiliti in sede di separazione e/o divorzio?
La domanda trova risposta immediata all’interno di un regolamento europeo, precisamente il Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale.
Tale norma ha, dunque, affrontato esplicitamente il problema dell’affidamento di minori e trasferimento all’estero
L’art. 8 di tale Regolamento, rubricato “competenza generale”, stabilisce:
“1. Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono aditi.
2. Il paragrafo 1 si applica fatte salve le disposizioni degli articoli 9, 10 e 12.”
Fatte salve le eccezioni richiamate al secondo comma dell’articolo, dunque, la questione sulla “giurisdizione” si risolve per lo più nel senso di individuare la competenza corretta nel giudice del paese ove il minore risiede stabilmente.
E ciò vale per tutte quelle questioni riguardanti, per l’appunto, la responsabilità genitoriale.
Nell’esempio più sopra riportato, quindi, il giudice competente ai sensi del Regolamento CE n. 2201/2003 sarebbe senz’altro quello del paese ove i piccoli si sono trasferiti con la madre, vale a dire l’Italia.
Questa previsione, così come tante altre, più o meno recenti, disseminate nel diritto di famiglia, si coglie al meglio proprio in una prospettiva di maggior tutela e garanzia degli interessi dei minori, i quali non possono di certo divenire oggetto di schermaglie e di rivalsa da parte degli adulti.
A tale riguardo si legga pure il punto 12 nella parte introduttiva del Regolamento, il quale recita:
“È opportuno che le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale accolte nel presente regolamento si informino all’interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza. Ciò significa che la competenza giurisdizionale appartiene anzitutto ai giudici dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente, salvo ove si verifichi un cambiamento della sua residenza o in caso di accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale.”
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