casa occupata da stranieri

Casa occupata da stranieri: lo sfratto per morosità non viene convalidato!

Casa occupata da stranieri: lo sfratto per morosità non viene convalidato!

L’incredibile ordinanza del Tribunale di Napoli Nord che non ha convalidato lo sfratto per morosità nonostante l’occupazione dell’immobile da parte di alcuni stranieri arrivati in Italia.

Nel 2014 la proprietaria di un immobile sito in un comune dell’hinterland napoletano decideva di mettere in fitto la propria seconda casa.

Si faceva avanti un’impresa sociale impegnata nell’accoglienza degli stranieri in Italia e dei soggetti svantaggiati, attiva nel progetto ministeriale SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati).

Il rapporto contrattuale procedeva senza intoppi fino a inizio 2020, quando l’impresa decideva improvvisamente di non pagare l’annualità 20-21.

Soltanto nel mese di luglio, poi, alla proprietaria veniva notificato il recesso da parte dell’Ente il quale affermava di non avere più bisogno dell’immobile in quanto il progetto SPRAR era ormai terminato.

COSA È SUCCESO?

La signora, che nulla aveva ricevuto per i mesi da marzo a luglio 2020, ha chiesto all’impresa il pagamento dei canoni non corrisposti ma, soprattutto, la restituzione dell’immobile.

Ed è su questo punto che la vicenda si è complicata: “la casa non può essere liberata”, perché ormai finita nella disponibilità di una famiglia di stranieri arrivati in Italia, introdotti nell’appartamento dalla stessa impresa nel giugno 2019.

LA DECISIONE DEL TRIBUNALE

A quel punto la proprietaria dell’immobile non ha potuto far altro che intentare causa all’impresa, chiedendo al Tribunale di Napoli Nord la liberazione della casa occupata dagli stranieri e il pagamento dei canoni.

Secondo la legge italiana, in sintesi, il giudice può convalidare lo sfratto anche provvisoriamente e prima di un (lungo) giudizio di merito.

Questo può avvenire sia:

  • quando il conduttore – in questo caso l’impresa – non avanza alcuna contestazione rispetto alle richieste del proprietario;
  • sia, quando le contestazioni non sono fondate su prova scritta.

Dice l’art. 665 c.p.c., però, che lo sfratto può non essere convalidato anche in presenza di “gravi motivi”, di volta in volta valutati dal giudice.

Ebbene, il Tribunale di Napoli Nord, con un provvedimento che si presta a molte osservazioni critiche, ha deciso di non convalidare lo sfratto.

Non perché l’opposizione dell’impresa sociale sia stata fondata su prova scritta, ma perché, afferma letteralmente il giudice:

gli stranieri abusivamente stabiliti nell’immobile in questione sono da considerarsi soggetti in difficoltà o comunque dei richiedenti asilo.

Questa loro condizione, a detta del Tribunale, costituirebbe di per sé stesso il grave motivo di cui parla l’art. 665 c.p.c.

I DIRITTI DEL PROPRIETARIO

L’ordinanza, quindi, ha rinviato la causa nel merito al maggio 2021 e l’immobile è rimasto, nel frattempo, nella disponibilità della famiglia di stranieri.

Il tutto, senza riconoscere alcun rilievo ai diritti della proprietaria che, nel mentre, sopporterà soltanto gli oneri e i costi derivanti dalla seconda casa!

Soprattutto, nulla è stato disposto nei confronti dell’impresa sociale, a ben vedere unica vera responsabile di un simile guazzabuglio giuridico.

Di questa pronuncia, infatti, stupisce la totale assenza di riguardo nei confronti delle esigenze del proprietario, sul quale viene apertamente scaricato un fardello sociale enorme.

Rispetto ad un progetto ministeriale (lo SPRAR), al coinvolgimento di comuni e imprese afferenti al terzo settore  – e, quindi, sottoposte almeno teoricamente a stringenti controlli – la pronuncia in esame non ha saputo fare di meglio che domandare al comune cittadino, quasi “colpevole” di essere proprietario di una seconda casa, di sopportare le conseguenze gravissime di un fenomeno tanto complesso come quello della protezione internazionale e dell’immigrazione.

Rispetto a una pronuncia che non ammette impugnazioni, quindi, cosa potrà fare la proprietaria in attesa del giudizio?

LA CAUSA NEL MERITO

A seguito di questa pronuncia, la signora non potrà che aspettare il maggio venturo per l’inizio della causa di merito, la cui durata non è calcolabile in anticipo e che sicuramente terrà banco per qualche anno.

Nel frattempo la casa risulta inutilizzabile e occupata da stranieri in condizioni effettivamente svantaggiate, i quali nulla potranno mai versare in favore della proprietaria.

Tutto questo, purtroppo, grazie ad una macchina Statale e comunale latitante e un’impresa sociale irresponsabile, coadiuvate da una giustizia che a volte si fatica a chiamare tale.

Come salvare la casa dal pignoramento

Come salvare la casa dal pignoramento? Con il nuovo “Fondo salva-casa”

Che cosa è il nuovo fondo “salva-casa”?

Grazie al nuovo art. 41-bis contenuto nel decreto legge n. 124/2019, la cui legge di conversione è entrata in vigore il 25 dicembre scorso, cosiddetto fondo “salva-casa”, il proprietario di un’abitazione che si dovesse trovare in difficoltà per il pagamento del mutuo, può beneficiare di una rinegoziazione o di un rifinanziamento con una banca terza, salvando così la casa dal pignoramento e dalla procedura esecutiva già avviata.

Come funziona il fondo “salva-casa”?

In estrema sintesi, il proprietario che intenderà salvare la casa dal pignoramento, potrà richiedere:

  • la rinegoziazione del mutuo;

oppure

  • il finanziamento ad altra banca con surroga nella garanzia ipotecaria già esistente. Il ricavato di questo secondo finanziamento, chiaramente, verrà impiegato per estinguere il mutuo.

È previsto anche l’intervento del fondo di garanzia prima casa, sicché il debitore godrà dell’esdebitazione e quindi della liberazione da qualsiasi peso, salvando l’abitazione e liberandosi definitivamente dai debiti.

Quali sono le condizioni per accedere al fondo “salva-casa”?

Per poter godere di questa misura, come già detto, devono ricorrere alcune condizioni.

Il debitore

In prima battuta occorre che il debitore sia qualificabile come “consumatore”, ossia una persona fisica che abbia contratto il mutuo al di fuori della propria attività lavorativa.

Inoltre è necessario che il debitore non abbia già avviato una procedura di risoluzione della crisi da sovraindebitamento.

Il creditore

Per quanto concerne il creditore, invece, questo deve essere un soggetto bancario e all’interno della procedura esecutiva non devono concorrere altri soggetti creditori.

Il debito contratto

Ci sono poi limiti anche per quanto attiene il debito contratto.

E’ infatti previsto che questo sia necessariamente un mutuo con garanzia ipotecaria concesso per l’acquisto dell’abitazione e che, in ogni caso, il debitore abbia almeno rimborsato il 10% del capitale originariamente finanziato.

Il debito, inoltre, non potrà essere superiore a 250.000 euro.

Necessità di una procedura esecutiva in corso

Altro elemento essenziale è che vi sia già la pendenza di una procedura esecutiva sul bene immobile ipotecato con il pignoramento notificato tra il 1 gennaio 2010 e il 30 giugno 2019: da qui il carattere senz’altro temporaneo ed eccezionale della misura.

Quando è possibile presentare la domanda per il fondo “salva-casa”?

Per salvare la casa dal pignoramento, inoltre, l’istanza dovrà essere presentata nel processo esecutivo entro il 31 dicembre del 2021.

Qual è l’importo da offrire per accedere al fondo “salva-casa”?

L’importo offerto non dovrà essere inferiore al 75% del prezzo (in base all’asta o per mezzo di c.t.u.) mentre il versamento dell’importo rinegoziato o finanziato non potrà avvenire mediante dilazioni superiori ai 30 anni a decorrere dalla data di sottoscrizione dell’accordo.

Vale anche un ulteriore limite numerico: la dilazione non potrà superare, infatti, un tot di anni che sommato all’età del debitore superi il numero 80.

Se la banca non rinegozia il mutuo? Può intervenire un parente

La norma, poi, prevede anche la possibilità per il debitore che non riuscisse ad ottenere la rinegoziazione o il rifinanziamento di rivolgersi a un parente o un affine entro il terzo grado; questo potrà infatti accedere al beneficio in luogo del debitore.

Il giudice, in questo caso, emanerà un decreto di trasferimento dell’immobile e per i successivi 5 anni il debitore e la sua famiglia conserveranno un diritto di abitazione.

Entro questo limite di tempo, il debitore potrà decidere di rimborsare integralmente quanto già versato alla banca dal parente o affine e, dunque, chiedere la retrocessione dell’immobile, accollandosi il residuo mutuo e liberando i familiari intervenuti.

Conclusioni

In attesa degli ulteriori interventi normativi richiesti, che meglio specificheranno aspetti essenziali della procedura, questa misura sembra agevolare fortemente il debitore in difficoltà che intendesse salvare la casa dal pignoramento.